Mi fido di te

La fiducia in psicologia

Mi fido di te

“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” dice un noto proverbio popolare, facendo riferimento alle possibili insidie della relazione di fiducia: fidandomi di qualcuno potrò contare su un alleato e sul suo possibile aiuto, ma non fidandomi eviterò il rischio del fallimento altrui che potrebbe avere conseguenze negative anche per me.

Quindi è meglio fidarsi o non fidarsi?

Non esiste una risposta a questa domanda, anche se uno studio del 2014 dell’Università di Oxford ci può venire in aiuto. Lo studio, condotto da Noah Carl e Francesco Billari su un campione della popolazione americana, metteva in correlazione alcune variabili tra cui intelligenza delle persone e fiducia negli altri, evidenziando come ci sia una forte correlazione tra questi due fattori.

Dallo studio in questione è emerso che le persone più intelligenti tendono a fidarsi di più degli altri, piuttosto che considerarli come un possibile pericolo. I ricercatori ipotizzano che la capacità di valutare gli altri come possibili risorse è una componente particolare dell’intelligenza umana che si sarebbe evoluta durante il processo di selezione naturale.

Come si instaurano e si evolvono i rapporti di fiducia tra le persone?

In ambito psicologico i modelli principali per spiegare l’evoluzione dei rapporti di fiducia sono sostanzialmente due.

Il primo modello è quello dell’evoluzione della fiducia per stadi ed è quello maggiormente applicato nelle normali relazioni interpersonali.

Secondo questo modello sviluppato da Lewicki e Bunker (1996) la fiducia all’interno di un rapporto si evolve seguendo tre stadi successivi.

Nel primo stadio, detto della fiducia calcolata, questa esiste per calcolo di pura convenienza ed i benefici associati alla defezione sono inferiori ai benefici associati al rispetto dell’accordo. La fiducia si basa sulla considerazione che all’altra parte conviene comportarsi come promesso, pena una punizione che rappresenterebbe una motivazione maggiore a rispettare gli accordi presi rispetto ad un eventuale premio, quindi la fiducia deriverebbe da un calcolo prettamente economico.

Nel secondo stadio, quello della fiducia per conoscenza, essa poggia su un tessuto di relazioni passate dalle quali deriviamo una quantità di informazioni sufficiente a farci credere nell’affidabilità di una persona e, se questa dovesse fallire, accordare il beneficio del dubbio e permettere la continuazione della relazione. La fiducia per conoscenza è basata sulla prevedibilità della controparte e sulla capacità di anticipare il suo comportamento, proprio perché è la storia della relazione sviluppatasi fino ad un certo punto a fornire gli elementi per giudicare l’affidabilità dell’altra parte.

Nella terza fase, detta della fiducia per co-identificazione, la fiducia esiste in virtù della coincidenza di desideri ed intenzioni delle parti, le quali capiscono ed apprezzano i reciproci desideri e sono disposti a investire risorse per raggiungerli come se fossero propri. Quando è presente un’identità di gruppo questa ha un potente effetto nel promuovere questo tipo di fiducia.

Per  esemplificare questo primo modello di evoluzione della fiducia possiamo immaginarci la situazione di un nuovo arrivato in un determinato contesto lavorativo.

In un primo momento le relazioni di fiducia saranno basate principalmente su un rapporto di convenienza, in quanto l’accordo lavorativo ci suggerisce che per iniziare a collaborare è necessaria una certa dose di fiducia calcolata.

Una volta che avremo raggiunto un grado di conoscenza sufficiente del nuovo arrivato passeremo al secondo stadio, avendo già degli elementi per valutare l’affidabilità della persona.

Infine entreremo nel terzo stadio quando i meccanismi di collaborazione saranno sufficientemente testati e avremo la certezza che la persona in questione ha ormai interiorizzato gli obiettivi del gruppo di lavoro facendoli propri.

Il secondo modello analizzato in psicologia è quello della “super-fiducia iniziale” ed intende rendere conto delle situazioni in cui la fiducia tra due persone non si evolve secondo stadi successivi ma si forma in modo istantaneo. Per spiegare queste situazioni paradossali Mcknight, Cummings e Chervanty (1998) utilizzano un modello che distingue tre fattori.

Il primo fattore è la disposizione individuale a fidarsi, cioè a dipendere dagli altri. Essa influenzerebbe sia le intenzioni che le credenze positive verso colui di cui ci si fida. La disposizione a fidarsi si può dividere nella fede nell’umanità, cioè la propensione a credere che gli altri siano affidabili, benevolenti ed in buona fede nelle loro azioni, ed il beneficio del dubbio, cioè il principio in base al quale è più conveniente agire sulla base che gli altri siano affidabili e in buona fede, anche se in realtà potrebbero non esserlo.

Il secondo fattore è la fiducia istituzionale, cioè la fiducia che esistano delle strutture atte a proteggere colui che si fida. Essa si può dividere in fiducia nella normalità della situazione (Garfinkel, 1963) e fiducia nelle garanzie strutturali come promesse, contratti, leggi, ecc.

Il terzo fattore è l’unione di due meccanismi cognitivi che comprendono un processo di categorizzazione ed un processo di illusione di controllo, i quali fungono da catalizzatori della fiducia nelle situazioni nuove in cui può succedere che le parti si fidino senza un motivo razionale.

Attraverso i processi di categorizzazione gli individui possono includere la controparte nella propria categoria, presumendo valori ed obiettivi comuni, possono attribuire all’altro una determinata reputazione sulla base di informazioni raccolte, oppure applicare stereotipi sulla base del sesso, dell’età o del gruppo etnico del soggetto in questione. L’illusione di controllo si manifesta quando mancano azioni volte a verificare l’effettivo controllo della situazione e si attua un processo cognitivo che porta automaticamente l’individuo ad allontanare le percezioni dai fatti reali.

Immaginiamoci la situazione in cui ci rechiamo da un noto medico specialista a causa di un nostro problema di salute. Non abbiamo elementi di conoscenza pregressa diretta che ci permettano di fidarci di lui, ma in questo caso intervengono altri fattori, come la nostra propensione personale a fidarsi di una persona con una determinata esperienza sul campo o gli eventuali riconoscimenti ufficiali ottenuti o le opinioni di amici/parenti che sono già stati curati da lui, fattori che possono agevolare  l’instaurarsi di un rapporto di fiducia immediato.

Il rapporto di cooperazione basato sulla fiducia, una volta creato, può essere anche gestito attraverso differenti meccanismi, ognuno dei quali è basato su precise premesse circa il comportamento individuale e la possibilità di modificare le regole esistenti.

Quando, invece, la fiducia viene palesemente tradita si generano instabilità incertezza e risentimento, collegati all’esigenza di stabilire il grado di violazione subito e la responsabilità del colpevole. L’effetto della violazione dipenderà quindi dal tipo di fiducia esistente tra le parti.

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